sbitzi ha scritto:Un conto è uno statement scritto dalla società e firmato dal giocatore, che poi si è ritirato in casa e palestra ed ha avuto uscite pubbliche solo per andare agli incontri con i dirigenti NFL.
Cosa gli sia passato per la testa non lo so, fra l'adrenalina lo scontro fisico e tutto il resto magari Rudolph ha detto una cosa e Garrett ha capito tutt'altro ed è partita la scintilla. Lo sapremo mai cosa è veramente successo? No anche perchè neanche i due attori principali se lo ricordano perfettamente
Io che lo statement glielo abbia scritto la società e lui l'abbia semplicemente firmato non lo so, ma francamente anche sticazzi.
Resta da capire come mai nessun compagno ha testimoniato in suo favore.
Possibile che in una situazione del genere non dici immediatamente "quello stronzo mi ha dato dello stupido n***...?" già in campo con gli arbitri...? Oppure negli spogliatoi, con i tuoi compagni...?
Perchè nessuno dei compagni ha detto: "personalmente non l'ho sentito, ma Myles ci ha detto subito che era stato insultato con epiteti razzisti"...?
E invece nulla.
Quindi debbo pensare che la società pur sapendo (che motivo avrebbe avuto Garrett per non dirglielo?), prima gli impedisce di giustificarsi, facendogli firmare una cosa su cui non si fa il minimo accenno a provocazioni ricevute, e poi gli permette di tirarlo fuori in appello e lo lascia parlare liberamente anche dopo su una cosa su cui non esiste alcun riscontro...?
Dove sarebbe la logica...?
Ripeto, francamente sticazzi, ma io semplicemente rispondevo al quesito di Cleveland, secondo cui il fatto che reiteri questa questione a distanza di tempo potrebbe significare che la provocazione razzista c'è stata, altrimenti perchè farlo..?
Ecco, in questo caso secondo me la ragione ci sarebbe eccome. E come ho già detto sta nel fatto che, una volta che te ne sei uscito co' sta storia, fare marcia indietro equivale ad una figura di merda epocale.
E qui la logica ci starebbe tutta.